DALLA FERITA ALLA COMUNITÀ

C’è una crepa in ogni cosa ed è così che entra la luce”.

Come abbiamo già scritto, queste parole di Leonard Cohen esprimono con poesia ed efficacia il senso che, quest’anno, la Fondazione Sant’Ignazio di Trento ha voluto dare al 31 luglio. Questa data, infatti, non è stata solo un’occasione di festa dedicata al fondatore della Compagnia di Gesù, ma anche il modo di affrontare l’anno ignaziano, con un’importante occasione di riflessione collettiva a Villa Sant’Ignazio.

La giornata è partita con un piccolo momento di accoglienza, delle oltre cento persone che hanno partecipato, in un piccolo mercato solidale dei prodotti del Centro Astalli Trento e di alcune cooperative sociali aderenti alla Fondazione. Il programma, poi, ha previsto alle 17.00 l’intervento dal titolo “Dalla ferita alla comunità” (AUDIO DISPONIBILE A QUESTO LINK) di padre Mauro Bossi SJ, redattore di Aggiornamenti Sociali. L’introduzione di p. Alberto Remondini SJ, ha ricordato che compito della Fondazione è stato quello di mettersi subito in ascolto delle tante ferite che hanno attraversato tutte le realtà aderenti “nell’orizzonte della tempesta del Covid, che ha costretto tutta l’umanità a rannicchiarsi dentro la stessa barca; per sfruttare queste ferite perché ciascuno possa essere aiutato a scoprire quegli spiragli di luce che la crepa della pandemia globale ha aperto”.

L’approfondimento di padre Mauro Bossi SJ, che durante la sua formazione di gesuita ha conosciuto Villa Sant’Ignazio da vicino, è iniziata da una pagina molto conosciuta del vangelo di Luca, di cui spesso però si trascurano tutte le implicazioni. Nella parabola del Samaritano, un uomo giace ferito lungo la strada ed è trascurato da persone della sua stessa nazione, poi è soccorso da un samaritano, cioè uno straniero. Chi è stato il prossimo di quell’uomo ferito? Questa parabola è solitamente interpretata come un invito alla solidarietà. Eppure, questa parabola porta con sé alcune domande per niente facili, che riguardano l’etica pubblica: Che cosa costituisce una comunità? Di chi siamo responsabili? Qual è la mia comunità: la mia famiglia? La mia città? Il mio Paese? La mia religione?

Come ha modo di spiegare p. Mauro, riprendendo il secondo capitolo dell’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, “davanti al ferito, le differenze (giudeo, samaritano, levita, sacerdote) scompaiono e i personaggi si riducono a due categorie: chi si fa carico del dolore e chi passa a distanza (n. 70). Qui è chiaro che il senso della cittadinanza si gioca sulla scelta che ciascuno fa davanti al dolore che vede. L’agire del samaritano è un modello del vivere insieme. Al cuore di questa proposta c’è il concetto di comunità e la possibilità di costruire la comunità intorno alla vulnerabilità. Per il samaritano, la giustizia consiste nel rispondere a un bisogno di un’altra persona”.

Da tradizione, dopo la Santa messa presieduta dal Vescovo Lauro Tisi, che durante l’omelia ha ripreso in modo puntuale i concetti espressi precedentemente dal gesuita, adattandoli alla comunità trentina, l’ultima parte della serata è stata dedicata alla convivialità, con la cena ignaziana e la festa in giardino.

6 Agosto 2021